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Dirk Hamilton & The Bluesmen

2011

domenica 07 agosto 2011

Ore: 21:00 | Palco centrale

  • dirk-hamilton-the-bluesmen

“Sono nato a Hobart (Indiana) il 31 Agosto 1949, ma sono cresciuto prevalentemente in California, dove ho frequentato la scuola elementare dalla quale sono stato cacciato per il mio pessimo comportamento. I miei genitori allora mi mandarono in una scuola parrocchiale dove imparai a comportarmi meglio. A otto anni, ispirato da Roy Rogers, ho cominciato a suonare la chitarra e a cantare allo stesso tempo. A 14 anni ho registrato il mio primo disco con un gruppo chiamato -The Regents-. Sul lato A c’era “Orangutan”, uno strumentale scritto dal capo del gruppo, Huston Box, un ragazzo di 21 anni del Texas. La mia prima canzone in assoluto si chiamava “Truck” (Camion n.d.r.) ed era sul lato B. Faceva schifo, ma penso che sia stato l’inizio della mia grande attrazione per la musica e le parole. A 15 anni ho registrato un altro 45 giri, questa volta a nome mio. “Time” era da una parte ed “Happiness” dall’altra. Anche queste due facevano schifo, ma con le prime tre canzoni che avevo scritto immortalate su vinile ero ormai lanciatissimo”. Acclamato cantautore ed irresistibile performer dalla voce aspra e appassionata, Dirk Hamilton ha trascorso una mezza decade dal 1976 al 1980 indaffarato a registrare per grosse etichette 4 sottostimati albums e a suonare centinaia di concerti in tutti gli Stati Uniti sia da protagonista che da supporto per gente come Robert Palmer, Loggins & Messina, Boz Scaggs e Warren Zevon. Alla fine di 5 duri anni si ritrovò vittima del music business, stanco e frustrato dal fatto che il plauso della critica che i suoi album ricevevano non si era mai trasformato in vendite e deluso da un sistema che continuava a giudicare l’abilità solo in base agli utili. Lasciò così la musica nel 1980, ma dopo un periodo come consulente per adolescenti affetti da turbe psichiche Dirk Hamilton ritovò ciò che pensava di aver perso: la gioia di far musica. Il suo rinnovato amore per la musica da allora lo ha riportato in giro per l’America e intorno al mondo. Il suo girovagare lo condusse, alcuni anni fa, ad Austin, Texas, per un concerto. La città gli piacque così tanto che decise di rimanerci. Diciotto anni dopo il suo “ritiro” Dirk è seduto davanti alla sua colazione in un tavolo dell’Omeletteria di Burnet a parlare della lunga strada percorsa e che, alla fine, l’ha portato nella sua nuova Città. Col suo metro e 95 e i quasi 100 chili che si porta dietro (bene direi) Dirk Hamilton è una figura imponente con una faccia sincera e un sorriso simpatico. “Mi piace il ragazzo che ha fatto quei 4 dischi ” riflette con una smorfia. E’ chiaro però che adesso lui è un passo avanti rispetto a quel ragazzo; parla come se avesse finalmente esorcizzato almeno alcuni dei demoni che lo costrinsero ad abbandonare tanti anni prima. La prima fase della sua carriera iniziò nella metà degli anni 70 quando decise di spostarsi da Stockton California a Los Angeles. “Decisi che era ora di trasferimi a Los Angeles e fare un disco” spiega. Là catturò l’attenzione del produttore degli Steely Dan, Gary Katz e finì per registrare 2 dischi per la ABC Records. Il primo “You Can Sing on the Left or Bark on the Right” presenta una band stellare. A quello fece seguito “Alias I” l’anno dopo prima di approdare alla “Elektra Records” per la quale registrò “Meet Me At The Crux” nel 1978, un disco che, 12 anni dopo, fu definito dalla nota rivista musicale Rolling Stone: “una delle gemme trascurate degli anni 70”. “Ero circondato da gente dello Show-Business”, ricorda parlando dei suoi anni alla ABC e alla Elektra. “E loro non sono proprio il tipo di gente con cui uscirei. Loro pensano che se il tuo disco non vende non è buono. Io non avevo mai pensato che sarei arrivato a crederci, ma ad un certo punto ho cominciato a pensare – forse non sono proprio così bravo -. Quando iniziai, suonare era un atto di gioia e d’amore, ma finii con il preoccuparmi delle vendite e col pensare di non essere bravo perchè i dischi non stavano vendendo”. Hamilton passò gran parte del 1980 a Stockton senza la voglia di fare nulla “non facevo altro che starmene seduto al Bar Shamrock già in centro. C’era una palestra di pugilato al piano superiore, Bill e Leonard erano dei grandi baristi e così me la sono passata bene”. L’anno successivo, in cerca di qualcosa da fare, trovò lavoro come assistente per bambini con disturbi emotivi. “Avevo bisogno di lavorare, la cognata della mia ragazza era anche lei un’assistente e mi disse che stavano cercando altro personale e, visto che pensavo di essere bravo con i bambini, feci domanda”. Casualmente il selezionatore si rivelò un suo fan. “Ero veramente colpito. Lui disse che conoscendo la mia musica, sapeva già che sarei stato un bravo assistente. Fu un complimento incredibile. Fui assunto subito”. Lavorò come assistente per 4 anni e ancora adesso dice di quell’esperienza: “mi cambiò come persona, era esattamente ciò di cui avevo bisogno in quel momento, il motivo per cui stavo rischiando di impazzire era che me ne stavo seduto tutto il giorno pensando a Dirk Hamilton. Il coinvolgimento che mi creavano quei bambini cominciò a farmi pensare anche agli altri, perciò sono molto grato a quei bambini per quello che mi hanno insegnato”.  In quel periodo, per la maggior parte del tempo, non toccò la chitarra, non cantò e nemmeno ascoltò musica, ma un giorno, nel 1985, alcuni amici lo invitarono ad aggiungersi alla loro cover band in occasione di un party e lui decise di accettare. Il gruppo suonava un miscuglio di vecchie canzoni Rock ‘n’ Roll, cover dei Beatles, dei Rolling Stones, Marshall Crenshaw, Graham Parker e altri. “Fu uno sballo” ricorda con un sorriso “per la prima volta nella mia vita ero solo un membro di un gruppo qualunque e mi piacque moltissimo. In quel periodo non pensavo proprio di ritornare a scrivere canzoni, ma all’improvviso le canzoni cominciarono ad uscire da sole. Fu meraviglioso. Sentivo che la musica stava ricrescendo dentro di me”. Mise insieme una band e ricominciò a suonare, ma scoprì che durante gli anni in cui era stato fuori dal Music Business, questo era cambiato completamente, e non in meglio! “Pensavo che sarebbe bastato telefonare e fare ascoltare alcuni nuovi nastri in giro, per avere un nuovo contratto e ricominciare di nuovo. Pensavo che la gente avrebbe detto: -Dirk è tornato, fantastico!-” ricorda scoraggiato. I contratti con la RCA e la Poligram non si materializzarono. Hamilton, pubblicò due cassette autoprodotte: Rough Tapes (Rough Times) nel 1986 e Big At The Blackwater nel 1989 registrato dal vivo a Stockton. Nel frattempo cominciò a ricevere lettere dall’Italia. “Dieci anni dopo il mio periodo migliore” dice Hamilton “scopriii di essere stato un artista di culto nei tardi anni 70”. Andò in Europa per 6 mesi, suonando in Italia, Germania, Inghilterra e Galles e firmò un contratto per l’Appaloosa di Milano,con cui ha pubblicato tre album: Too Tired To Sleep nel 1990, Go Down Swinging nel 1991 e Yep! Nel 1994. Da allora è stato in Italia 10 volte. Nell’Ottobre del 1991, Hamilton si trovò ad Austin per un concerto al Cactus Cafè come opening act di Shawn Phillips. “A vent’anni, quando cominciavo a fare i primi dischi e i primi tour per il Paese, pensavo che prima o poi avrei trovato in una di quelle città un posto dove mi sarebbe piaciuto vivere, ma non è mai successo. Smisi di cercarlo; ogni posto era uguale all’altro. Poi arrivai ad Austin e capii che quello era il posto dove volevo vivere”. Alcuni mesi dopo fece i bagagli e traslocò. I risvolti finanziari dell’essere un cantautore potrebbero essere minori ora se paragonati alla giovinezza di Hamilton negli anni ’70, ma lui pensa che l’ambiente musicale sia più favorevole che in passato. Sebbene il mondo delle grandi etichette Rock e Pop sia più cinico che mai, Hamilton dice: “C’è tantissima musica incredibile là fuori sulle etichette minori; è una cosa molto salutare”. Ci sono ancora musicisti che “combattono la giusta battaglia e lo fanno per amore” dice ancora, felice di considerarsi in mezzo a quel gruppo. “Amo ciò che faccio, il grosso problema è farlo e riuscire a pagare l’affitto!”. La Core Records di Nashville ingaggia Hamilton nel 1995 e, sull’onda di un buon consenso critico, pubblica “YEP!” per la prima volta in America a un anno di distanza dalla sua uscita europea rilevandolo dall’etichetta Italiana Appaloosa. Con questo contratto in corso, il primo per un’ etichetta Americana dopo molti anni, e un nuovo disco (sufferupachuckle) a cui lavorare con più tranquillità, le cose per Hamilton sembravano finalmente cambiare. Sufferupachuckle fu pubblicato nell’ottobre del 1996, ma la Core Records andò in bancarotta il mese successivo!! L’album, quindi, insieme a “YEP!” rimase congelato nei magazzini causa problemi legali conseguenti alla bancarotta. “Sufferupachuckle rappresentava un lungo periodo della mia vita e così tanto lavoro che fu veramente un brutto colpo non poterlo avere disponibile, ma che ci potevo fare?”. Il resto è storia attuale, prima lo splendido live The Relative Health Of Your Horse Outside e poi il relativo DVD, stanno riportando Dirk sul palcoscenici degni della sua grande sensibilità artistica.

 

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